Non profit
Kosovo, lItalia che reagisce
Contro i massacri, Beati i costruttori di pace, lAssociazione di don Benzi e Pax Christi hanno spedito 120 mila cartoline a Onu, Ue e Scalfaro. Tra i sostenitori, il ministro Bassolino.
di Redazione
H a aderito anche il neo ministro del Lavoro Antonio Bassolino alla campagna lanciata da Beati i costruttori di pace, Pax Christi e l?associazione Papa Giovanni XXIII per fermare la guerra in Kosovo. Un?adesione prestigiosa che va ad allungare la lista delle decine di personalità, tra politici (l?ultimo in ordine di tempo il vicepresidente della commissione Esteri della Camera, onorevole Stefano Boco), magistrati, leader dei movimenti di diritti civili e associazioni di volontariato che vogliono fare qualcosa perché cessino i massacri di popolazione civile nei Balcani.
?I care!? (?mi riguarda?) è infatti lo slogan di questa mobilitazione, che dopo aver cercato di smuovere le coscienze in Italia culminerà nella grande manifestazione di pace prevista per il prossimo 10 dicembre proprio nella capitale del Kosovo, Pristina. Intanto i volontari delle tre associazioni – a cui se ne sono aggiunte altre tre, Campagna per una soluzione non violenta in Kosovo, Gruppo autonomo volontariato civile in Italia e Movimento internazionale di riconciliazione – hanno già raccolto e compilato oltre 120 mila cartoline che chiedono alla comunità internazionale un intervento Onu in Kosovo che porti all?immediato cessate il fuoco e al rientro dei profughi nelle loro case. Le cartoline stanno per essere inviate in massa al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, all?Alto commissario Onu per i diritti umani Mary Robinson e al presidente di turno dell?Unione europea, l?austriaco Wolfgang Schüssel.
Ma non finisce qui: alcuni rappresentanti delle organizzazioni promotrici di ?I care!? sono già presenti in Kosovo, al fianco dei profughi, e non li abbandoneranno finché non sarà completato e favorito il loro ritorno a casa; infine, il 10 dicembre prossimo – in coincidenza con il 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell?uomo si svolgerà una manifestazione nonviolenta per favorire l?integrazione tra serbi e albanesi in Kosovo. I volontari che desiderano partecipare possono mettersi in contatto con le associazioni (vedi box) che hanno già predisposto un programma di viaggio.
Intanto dal Kosovo arrivano le testimonianze di chi sta ogni giorno a contatto con i profughi, e che fotografano una realtà sempre più drammatica: «Migliaia di persone hanno perso la casa» hanno detto al telefono i volontari dell?Operazione Colomba, promossa dalla Giovanni XXIII. «La loro situazione è disastrosa. Già ci sono casi di bambini che muoiono per il freddo e le malattie. Le famiglie che hanno provato a rientrare nelle loro case sono state minacciate e picchiate. Nei boschi si moltiplicano le ?nylopoli?: gruppi di persone che vivono all?aperto con la sola protezione di teloni di nylon. La gente è terrorizzata, e se è vero che alcuni carri armati serbi stanno lasciando il Kosovo, altri mezzi si dirigono di nuovo nelle zone in conflitto».
Di fronte a questa situazione, anche il Cesvi di Bergamo ha organizzato una raccolta fondi (vedi box) per contrastare l?emergenza-freddo che di qui a qualche settimana potrebbe peggiorare notevolmente la situazione umanitaria. Un?occasione in più per ripetere ?I care!?, mi riguarda.
La campagna
- Promotore
- Associazione Papa Giovanni XXIII; Beati i costruttori di pace;
Pax Christi; Cesvi; - Obiettivo
- Portare aiuto alle centinaia di migliaia di
profughi del Kosovo - Come aderire
- Per aderire alla mobilitazione che culminerà con
la marcia del 10 dicembre a Pristina,contattare le
associazioni promotrici:- Beati i costruttori di pace, via Marsilio da Padova 2,
35139 Padova, tel.049/8755897; - Associazione Papa Giovanni XXIII, via della Grotta
Rossa 6, 47900 Rimini, tel.0541/751498; - Pax Christi Italia, via Petronelli 6, 70052 Bisceglie (Bari)
tel.080/3953507.
Per partecipare all?operazione ?Emergenza freddo Kosovo? lanciata dal Cesvi: inviare contributi in denaro sul conto corrente posta le n° 324244
intestato a Cesvi Cooperazione e sviluppo, via Pignolo 50, 24121 Bergamo
con la causale ?Emergenza Kosovo? - Beati i costruttori di pace, via Marsilio da Padova 2,
Onu, intervieni contro il disastro
Il Kosovo non potrà sopravvivere senza un massiccio aiuto delle Nazioni Unite. Diecimila case distrutte, decine di migliaia di persone senza un tetto, e infrastutture, se possibile, ancora più disastrate di prima della guerra sono le tragiche impronte lasciate dall?offensiva serba e la fotografia di un paese che ha bisogno di una mobilitazione internazionale. La distruzione è talmente grave, che nel breve periodo gli albanesi non potranno riprendere a lavorare e andranno incontro alla miseria. Le famiglie che ora vivono alla meglio nei boschi devono poter tornare nei loro villaggi per sopravvivere all?inverno. Ma ciò sarà impossibile senza l?aiuto delle organizzazioni internazionali e l?allontanamento delle truppe serbe da villaggi e città. La Nato deve innanzitutto bloccare l?aggressione serba contro la popolazione civile e spianare la strada per un nuovo assetto politico della regione. Bisogna creare una forma di protettorato internazionale come quello istituito in Bosnia. Perché, dopo il ritiro delle truppe regolari o paramilitari dal Kosovo, la comunità internazionale dovrà proteggere la popolazione albanese ma anche garantire la sicurezza dei serbi rimasti che potrebbero subire atti di violenza da parte di frange di albanesi in cerca di vendetta.
presidente Ass. per i popoli minacciati
(testo raccolto da Sonia Sartori)
Bene l?Onu, ma la pace verrà solo dall?interno
Non sarà un intervento delle Nazioni Unite o il martirio di migliaia di albanesi disperati e arrabbiati a portare pace e indipendenza in Kosovo. Il fatto è che, prima di una soluzione politica, qui bisogna lavorare sull?identità e la coscienza di un popolo che fin dal 1400, anno della rivolta dell?eroe popolare albanese Skanderberg e della dura repressione ottomana, prima con i turchi e poi con i diversi regimi del ventesimo secolo, è sempre stato sottomesso. Di un popolo che, formato da ortodossi (20 per cento), cattolici (10 per cento) e musulmani (70 per cento), non può pensare di rivendicare l?indipendenza prima di aver accettato la diversità e di aver avviato un dialogo interreligioso.
O meglio, prima di aver trovato dentro di sé i presupposti per una rinascita.
Per fare ciò, più che un Kosovo indipendente, oggi serve un Kosovo in cui le autorità internazionali garantiscano ad albanesi, serbi, montenegrini e romi uguali diritti civili ed umani. Un po? come è stato fatto in Bosnia Erzegovina. L?importante, per il momento, è impedire la prevaricazione di una nazionalità sull?altra. Solo così, e spostando l?azione delle organizzazioni umanitarie e degli organismi internazionali da Pristina verso l?interno del Kosovo, si darà alle persone colpite da questa guerra un tangibile segno di sicurezza. Un invito a tornare verso le loro case e le loro radici. Un aiuto a trovare presso chi oggi ci opprime il rispetto necessario ad avviare un serio cammino di reciproca tolleranza.
presidente Ass. Madre Teresa, Binac (Kosovo)
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